pastaggiando prima puntata

lunedì 31 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 32 commenti


Erano mesi e mesi che Giovanna ed io pensavamo a questo post.
Erano mesi che volevamo giocare testando alla cieca varie marche di pasta, un po’ come avevo fatto con le uova di Parisi insieme a Virginia.
L’occasione si è presentata quando mi sono trattenuta a Napoli per qualche settimana, oltre alla Festa a Vico e al wine and the city, pure gli assaggi di pasta.
Prima di entrare nel vivo del gioco, che per 2 napoletane cresciute e pasciute a pasta come noi è stato un sommo divertimento, mi tocca fare una lunga serie di premesse e di chiarimenti.
Quindi mettetevi pure comodi.


  1. Ovviamente questo test è fatto in casa, alla buona, senza alcun valore scientifico o pretesa di esserlo, i nostri parametri sono stati fondamentalmente il sapore, la consistenza e l'aspetto. Noi non pretendiamo di essere depositarie del verbo, quindi prendete questo test per quello che è: un esperimento, un gioco e nulla più.


  2. Abbiamo scelto di assaggiare una pasta liscia, la pasta nasce liscia ed è anche quella che preferiamo. La prova avremmo voluta farla cattiva, anzi cattivissima, assaggiando i paccheri, ma non tutte le case li producono, quindi un po’ per ripiego la nostra scelta è caduta sule penne lisce. Alcune marche producono solo penne rigate e questo per noi è stato un punto a loro svantaggio.


  3. Siamo pienamente coscienti del fatto che ogni casa produttrice può essere più o meno forte su un certo formato, ciò significa che probabilmente, se avessimo fatto lo stesso esperimento con altri formati di pasta avremmo potuto avere un risultato differente.


  4. Il test/gioco è stato fatto assolutamente al buio: un’amica ha acquistato per noi le paste (avevamo solo un’idea delle marche che avrebbe scelto, non ne avevamo la certezza), il marito di Giovanna è stato il nostro notaio, ha provveduto a mettere le paste in sacchetti anonimi, a siglarle, e a mettere in busta chiusa e sigillata la corrispondenza tra marca di pasta e numero o lettera. Solo a gioco concluso abbiamo aperto le buste.


  5. Non esistendo in Italia un disciplinare che stabilisca che caratteristiche debba avere una pasta artigianale rispetto ad una industriale, per nostra comodità abbiamo preferito dividere le marche secondo 2 fasce di prezzo, la prima che comprende le paste che costano fino a € 3,50 per kg, la seconda dai € 3,50 in su. Nel primo scaglione ne abbiamo provate 5 e nel secondo 7, tra le più consumate e note. Naturalmente non abbiamo potuto assaggiare tutte quelle esistenti sul mercato.


  6. Alla prova di assaggio oltre a Giovanna e me hanno partecipato 2 amiche che si sono gentilmente prestate al gioco. Ognuna di noi ha stilato la sua graduatoria, le graduatorie sono state poi incrociate e quello che vedrete è il risultato finale.


  7. Abbiamo cotto 20 gr per ciascun tipo di pasta utilizzando delle pastaiole a doppio cestello con 4 lt di acqua salata


Mi pare di aver fatto tutte le doverose premesse e precisazioni, posso quindi passare ai risultati della prima parte del gioco.



Ci eravamo organizzate in modo tale, almeno in questa prima fase dell’esperimento, da poter cuocere le paste insieme, quindi abbiamo portato a bollore l’acqua e poi l’abbiamo salata.
Nel frattempo abbiamo aperto i sacchetti in cui il caro Stefano, oramai vittima di noi 2 streghe, aveva messo le penne e abbiamo osservato che le penne 1 erano un po’ lesionate in superficie, che la penna 3 era leggermente più corta, più sottile e più gialla delle altre, la penna 2 era più ruvida al tatto e più spessa, insieme alla 4.
A questo punto abbiamo salato ed abbiamo cotto al dente.


Ognuna di noi ha assaggiato e, senza scambiarci pareri per evitare di influenzarci, abbiamo stilato le nostre classifiche, inserendo eventualmente qualche osservazione: le penne 4 e 5 risultavano essere più saporite e cotte un maniera più uniforme, anche se la 5 si era un po’ deformata, la 2, che da cruda prometteva bene, invece si è rivelata un po’ collosa per i nostri gusti.

Dall’incrocio delle classifiche è venuta fuori questa graduatoria:
primo posto penne n. 4
secondo posto penne n. 5
terzo posto penne n. 1
quarto posto penne n. 2
quinto posto penne n. 3



Aperta la busta e associando i numeri alle marche la classifica risulta essere
Primo posto Garofalo (N.4)
Secondo posto De Cecco (N.5)
Terzo posto Divella (N.1)
Quarto posto Cocco (N.2)
Quinto posto Barilla (N.3)



Per completezza inseriamo anche i prezzi al kg a cui mediamente queste paste sono vendute
Garofalo 2.10
De Cecco 2.30/2.40
Divella 1.30
Barilla 1.30
Cocco 3.40

A giovedì per la seconda parte del gioco

ed ora vi racconto la mia festa a vico

giovedì 27 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 33 commenti



Gennaro Esposito è un ragazzone di 40 anni (freschi freschi) che appena guardi negli occhi, prima ancora di scambiarci quattro chiacchiere, ti fa una grande simpatia istintiva. Un ragazzo verace, spontaneo, sorridente, senza tanti fronzoli e salamelecchi inutili.
Sei anni fa il simpatico ragazzone ha deciso di invitare 10 degli amici più cari nella sua Vico, in penisola sorrentina, per trascorrere insieme 3 giorni scanzonati in divertimento ed allegria.
Il fatto è che Gennaro Esposito, per gli amici Gennarino, è uno dei più grandi chef italiani e la sua combriccola è formata da Oliver Glowig, Karl Baumgarten e Andrea Berton, solo per citarne alcuni.
Quella del 2004 è stata la prima edizione di quello che è poi diventato un vero e proprio avvenimento: la festa a Vico, i cui proventi oggi vengono versati all’Ospedale Santobono di Napoli.





A quegli 11 amici del primo anno, nel corso del tempo se ne sono aggiunti altri 140 circa, volti più o meno noti, che per 3 giorni cucinano, scherzano e si divertono gomito a gomito, nel senso letterale del termine, senza competizione e rivalità alcuna, come avviene appunto tra amici, con lo spirito del “facimm’ ammuina”.
Quest’anno finalmente alla festa a Vico c’ero anch’io insieme alle mie amiche Lisa e Giovanna a fare ammuina.
Per i non napoletani l’ammuina è l’allegra confusione, quello che si potrebbe definire casino in un italiano non proprio aulico.
Erano 6 anni che una notte si e l’altra pure sognavo la Festa a Vico.
Vico Equense è una ridente cittadina sul Golfo di Napoli, all’inizio della Penisola Sorrentina, potevo mai mancare io che sono cresciuta in zona? Proprio io che da 38 anni della mia vita da quelle parti ci vado in vacanza? Naturalmente la risposta è “No”.
L’occasione di poter vedere riuniti i più grandi chef d’Italia tutti insieme è uno di quegli eventi che toglierebbe il sonno a chiunque, non solo a me.
Il programma dei 3 giorni della festa è denso e massacrante, dovete essere giovani, allenati e aitanti per reggere il ritmo, altrimenti sarete come me in questo momento, stravolti e boccheggianti su un divano, con un residuo di energie a malapena sufficiente per battere sui tasti del pc.

Da qui in poi, e non dite che non vi avevo avvertito, seguirà un lungo e noioso susseguirsi di nomi, di “bellissimo”, “buonissimo”, di gridolini urlanti e deliranti, quindi vi capirò se deciderete di non andare oltre nella lettura e di liquidarmi con un click.
Noi abbiamo cercato di non perdere nulla dell'evento e di catturare ogni minimo istante della maratona, chissà semmai ci ricapiterà ancora…. I giochi si sono aperti domenica sera, 23, con un benvenuto nella pizzeria del suocero di Gennaro: “o’ saracino”, con le loro pizze e i piatti di Giovanni Mariconda di Taberna Vulgi di Santo Stefano del Sole .
Dopo cena, come ogni festa che si rispetti, tutti a ballare in spiaggia e a festeggiare i 40 anni di Gennaro con una bellissima torta di delizie al limone di Gabriele di Vico Equense.


La mattina dopo, lunedì gita in barca fino ad Amalfi, vabbè noi abbiamo optato comodamente per l’auto, e poi su a Ravello , nella splendida Villa Cimbrone, senza esagerazione alcuna e senza alcuno spirito campanilistico, uno dei posti più belli e suggestivi che io conosca.
In un luogo da sogno affacciato a strapiombo sulla costiera amalfitana, un buffet raffinatissimo, senza sbavature, senza banalità ma senza falsi sensazionalismi, realizzato dall’executive chef del bistellato Rossellinis di palazzo Sasso a Ravello: Pino Lavarra e dallo chef di Villa Cimbrone: Luigi Tramontano, con i prodotti di eccellenza campana de “La tradizione” di Seiano e i vini di Villa Matilde.
Una chicca è stata la pasticceria/gioiello dei ragazzi di “Dolceria-Antico Portico” di Amalfi.



Lunedì sera è stata la volta dei giovani emergenti al Bikini, storico stabilimento balneare di Vico Equense. Una pioggia pomeridiana aveva tentato inutilmente di rovinare i programmi e portare scompiglio nell’allegra ammuina, il sereno ha poi avuto la meglio.
La nostra Lisa ha cucinato insieme a Paolo Parisi e noi l’abbiamo sostenuta. Gli hamburger di carne di manzo e guancia di maiale affumicato di maiale con il fantastico scoppolato (formaggio di pecora di cui si erano perse le tracce, da mangiare scavando)e l’asado laccato di Paolo hanno fatto faville.
Tra le tante cose assaggiate sono stata rapita dalle cipolle di zucchero ripiene di caprino tiepido del Pont de Fer di Milano.


Arriviamo finalmente all'attesissima serata finale, clou della Festa a Vico, quella in cui i grandi si esibiscono: Massimo Bottura, Davide Scabin, Oliver Glowig, Mauro Uliassi, Andrea Berton, Nico Romito, Moreno Cedroni, Cristina Bowerman, insieme a tante altre stelle nascenti o già nate ma meno note. Chiudete gli occhi e immaginate di andare a mangiare contemporaneamente da ognuno di loro. A Vico per una volta all'anno è incredibilmente possibile.



Ora basta con questi noiosi elenchi di piatti e preparazioni o di nomi, vi dico solo che a fine serata ero stravolta dal cibo, ma estremamente soddisfatta, penso di aver assaggiato il 70% di quanto proposto, sono ingrassata almeno 2 kg, ho mangiato ben 2 brioche con sorbetto al mandarino tardivo e spuma di zafferano di Paolo Barrale del Marennà dei Feudi di San Gregorio, talmente buone e soffici che me le sarei sparate in vena, sono quasi svenuta per la bontà della frittatina di maccheroni di Raffaele Vitale di Casa del nonno 13 e mi sono commossa con melanzane e cioccolato di Oliver Glowig dell’Olivo del Capri Palace.
Ometto molte altre chicche, diventerei soporifera, ed anche alcune cose che mi hanno deluso, sembrerei presuntuosa.
Dopo quanto vi ho raccontato mi scuserete se questo blog per qualche giorno chiude per dieta ferrea, ma non mi si chiudono più i pantaloni...

Una menzione speciale per gli instancabili e simpatici ragazzi del Pastificio dei Campi, finalmente ho conosciuto Mafaldina , che avevo coinvolto in un post sulla cottura della pasta, e tutto il resto della banda.

Non posso dimenticare un’altra conoscenza degna di nota: la più giovane blogger della rete, Sgughi di 7 anni, a cui mando un bacio grandissimo che le arriverà quando mi leggerà.


Ovviamente i miei affettuosi ringraziamenti e la mia eterna gratitudine vanno a Gennaro Esposito a cui dico solo “ma che te sì firat e fà!!!”


chiuso per festa a Vico

mercoledì 26 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 14 commenti


Ad essere precisi la 3 giorni della "Festa a Vico" di Gennaro Esposito si è conclusa qualche ora fa.
Datemi il tempo per raccogliere le idee e per raccontarvela.

ci ritornate a colazione da noi?

lunedì 24 maggio 2010

Pubblicato da robertopotito 20 commenti

Come al solito siete sempre i benvenuti!! Sono del Capricorno ascendente Scorpione, non che ciò possa avere rilevanza alcuna, ma mi riconosco nella testardaggine e nella forte risolutezza che contraddistinguono questo segno.
Sono anche molto pigro, ma quando "qualcosa" mi stuzzica, allora mi metto subito al lavoro per conseguire, forse no, inseguire le pochissime mete che mi prefiggo.
Ed è questo il caso emblematico del krapfen o bombolone.
Ho provato e riprovato le più disparate ricette, suggerimenti, consigli , ma l'esito non mi soddisfaceva,ma esattamente che cosa non mi andava a genio?
La forma finale del bombolone, la sua lievitazione andavano bene, ma il sapore no.
Dal lontano 1965 fino al 1975 ho trascorso una parte delle vacanze estive a Rimini perché l'aria di mare stimolava il mio scarso e debolissimo appetito.
Una delle pochissime cose di cui mi nutrivo molto volentieri erano i bomboloni che vendeva in spiaggia una signora dall'aspetto giunonico e cordiale che tutti chiamavano "la Nilde". Quindi, per me, il sapore del bombolone o krapfen é solo ed unicamente quello della riviera romagnola.



Ecco la ricetta:

KRAPFEN DELLA NILDE

Ingredienti:

per il lievitino:

100 grammi di farina forte (manitoba)
10 grammi di lievito di birra fresco
50 grammi circa di latte intero a temperatura ambiente


per l'impasto finale:

400 grammi di farina forte (manitoba)
130 grammi di burro morbido di ottima qualità
150 grammi di tuorli di uovo
100 grammi di zucchero semolato
abbondante olio di arachidi per la frittura
zucchero a velo

per la crema:

500 grammi di latte fresco intero
5 tuorli di uovo di grandezza media
130 grammi di zucchero semolato
60 grammi di amido di mais


ESECUZIONE

La sera precedente, preparate il lievitino avendo l'accortezza di coprire il piccolo impasto ottenuto con pellicola trasparente una volta averlo posto in una terrina.
Il giorno successivo, riprendete il lievitino ed unitelo alla rimanente farina alla quale avrete mescolato lo zucchero. Iniziate ad incorporare i tuorli attendendo che vengano assorbiti dall'impasto prima di unire il successivo. Quando avrete terminato di unire i tuorli, incorporare il burro in due riprese (seguite le stesse modalità per l'incorporazione dei tuorli).
Impastate energicamente per almeno una quindicina di minuti fino a conseguire un impasto particolarmente elastico e ben estensibile.
Ungete l'impasto con un pò di burro e ponetelo a lievitare per circa 4 ore (il volume dovrà triplicare).
Riprendete l'impasto e stendetelo in una sfoglia dell'altezza di circa 2 cm. Infarinate leggermente la sfoglia ottenuta e ricavate i soliti dischetti del diametro che maggiormente preferite.
Fate lievitare nuovamente i krapfen fino al raddoppio e friggeteli in abbondante olio di arachidi e con l'aiuto di una sac à poche riempiteli con la crema.
Infine, spolverizzate con abbondante zucchero a velo.

Annotazioni: i krapfen sembrano di facile esecuzione ed in parte lo sono, tuttavia per valutarne la buona riuscita, é necessario che, al termine della loro cottura, si sia creato un vuoto al loro interno nel quale sia possibile inserire agevolamente il ripieno sia esso a base di crema o di marmellata.
La consistenza finale del krapfen deve essere leggera e dovrebbero essere caratterizzati al loro interno da una microalveolatura uniforme e ben distribuita.

vi propongo un quiz

venerdì 21 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 48 commenti


Vi propongo un quiz facile facile, di quelli a cui, però, non si vince nulla, di quelli a cui si partecipa per la gloria, per poter dire “anch’io”.
Potrete però dar lustro al vostro curriculum inserendolo accanto alle partecipazioni a convegni e seminari, mica roba da poco.
Bando alle ciance, veniamo a noi.

Nella foto di apertura del post cosa vedete:

A) Un babà con panna e fragoline di bosco
B) Una tartelletta alla nocciola
C) Un piatto di spaghetti al pomodoro giallo del piennolo
D) Una tartelletta con ceci e baccalà
E) Un piatto di melanzane a funghetto

Se avete risposto A-C o E vi consiglio di andare da un oculista, ma uno di quelli bravi, molto ma molto bravi.
Se la vostra risposta è la B, siete caduti nel mio tranello, se, invece, ritenete che la risposta esatta sia la D, complimenti, perché mangiate pane e volpe.
Queste tartellette sono un trompe l’oeil, un inganno, all’apparenza potrebbero sembrare una frolla con una crema alla nocciola, nella realtà non sono neanche un dolce, sono una tartelletta di brisèe con crema di ceci e baccalà, anzi, se dobbiamo essere precisi questa pasta non è propriamente una brisèe, causa presenza di uova.




TARTELLETTA DI BRISE’E CON CECI E BACCALA’

Per la brisèe
280 gr farina
120 gr burro
3 tuorli
Un goccio d’acqua se necessario
10 gr sale

Preparate la pasta come siete abituati a fare, io impasto tutto, compreso burro a freddo, nell’impastatrice con la foglia e lascio riposare in frigo per qualche ora.
Foderare gli stampi per tartellette e metterli in freezer per qualche minuto. Ricoprirli di legumi per tenere la pasta bene in forma ed infornare a 180 gradi per un quarto d’ora circa.

Per la crema ceci e baccalà
100 g. di ceci già lessati
100 g. di baccalà dissalato e lessato nel latte
Olio extra vergine d’oliva

Frullare i ceci e il baccalà in un frullatore aggiungendo lentamente un po’ d’olio.

Riempire i gusci di brisèe con la crema e decorare a piacimento

forse non tutti sanno che

mercoledì 19 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 37 commenti

Vi siete mai chiesti come mai la bavarese, anzi pare sia più corretto chiamarla il bavarese, (il termine deriva dal francese bavarois) si chiami così?
Forse perchè è una specialità di Monaco di Baviera?
Forse perchè al famoso Oktoberfest oltre a fiumi di birra e tonnellate di wurstel e crauti si assapora il delicato dolce al cucchiaio?

Nulla di tutto ciò.
La (il) bavarese intesa come dolce al cucchiaio pare derivi il suo nome dalla somiglianza con un formaggio fresco bavarese per l'appunto.
La bavarese al femminile, invece, in Francia è una bevanda a base di tè, latte e liquore, diffusa da Procopio Coltelli al Procope di Parigi, veniva preparata in origine dai cuochi francesi alla corte bavarese nel Settecento. La bavarese (dolce al cucchiaio) sarebbe, secondo alcuni, un'evoluzione della bavarese (bevanda).
Quindi un dolce tutto nordico come nome e come origini.
Ecco allora una bavarese terrona, con ricotta di bufala campana, agrumi sorrentini e marsala siciliano.
BAVARESE DI RICOTTA DI BUFALA, AGRUMI E MARSALA

2 tuorli
50 g. di zucchero
6 g. di colla di pesce
30 g. di marsala
125 g. di ricotta di bufala
125 g. di panna fresca montata con 20 gr di zucchero al velo
La buccia di un’arancia e di un limone grattugiati.
Lavorare i tuorli con lo zucchero e le bucce di agrumi grattugiate, versare a filo il marsala riscaldato continuando a mescolare.
Mettere sul fuoco per qualche minuto stando bene attenti che non arrivi a bollore.
Spegnere e aggiungere la colla di pesce precedentemente ammollata in acqua.
Aspettare che il composto cominci a tirare, poi aggiungere la ricotta di bufala e la panna montata.
Mescolare delicatamente e versare negli stampini di silicone.
Mettere in frigo per qualche ora e sformare.
Con queste dosi otterrete circa una decina di mini bavaresi.
Per aiutarvi a sformarle, mettete le bavaresi in freezer per una mezz’oretta prima di estrarle dagli stampini

meglio tardi che mai

lunedì 17 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 31 commenti


So di essere arrivata in ritardo di anni rispetto ad Alex, ad Elvira, Comida e Jean-Michel.
Loro parlavano di Claudia Roden e della sua “La cucina del medio Oriente e del nord Africa” da tempo immemore, io li leggevo ammirata e pensavo che prima o poi anch’io li avrei emulati.
Non chiedetemi perché ci ho impiegato così tanto a far mio questo libro, che non è uno di quei libri di ricette a cui siamo abituati ora pieni di foto belle e accattivanti, in realtà non è solo un libro di ricette, ma è un interessantissimo ritratto di una cucina e del suo popolo, anzi dei suoi popoli, con aneddoti, storie, tradizioni, leggende.
E’ un libro che vi farà piacere leggere anche se non siete amanti della cucina etnica, che vi arricchirà e vi insegnerà molte cose sul Medio Oriente.
Io sono partita da un’eggah.
L’eggah è la frittata araba, è una sorta di tortino a base di uova con verdure, carne o pollo.
Se la tagliate a dadini può essere un antipasto, ma tagliata a spicchi si trasforma in un piatto più sostanzioso.
Si serve calda o fredda e si può cuocere in padella o al forno.


EGGAH CON CARNE (eggah bi lahma)

6 uova
1 grossa cipolla tritata
Olio
500 gr di polpa magra di manzo tritata
1 grossa patata (io ne ho messe 2)
½ cucchiaino di pimento
1 cucchiaino di cumino
3 cucchiai di prezzemolo tritato finemente
Sale
Pepe

Far rosolare la cipolla in 2 cucchiai di olio (io ho aggiunto un po’ d’acqua per non farla scurire troppo). Aggiungere la carne macinata e cuocete, mescolando, fino a quando si sarà ben rosolata. Completate con sale, pepe, spezie e prezzemolo e allontanate dal fuoco.
In una terrina sbattete leggermente le uova con la forchetta, unite carne e cipolla e le patate sbucciate e grattugiate (io le avevo lessate e passate allo schiacciapatate) e mescolate bene.
Fate scaldare 2 cucchiai di olio nella padella, versate il composto preparato, abbassate la fiamma al minimo, coprite e fate cuocere per circa 20 minuti, fino a quando le uova si saranno rapprese ma la parte superiore della frittata sarà ancora liquida.
Ponete un piatto sulla frittata e capovolgetela facendola poi scivolare nuovamente sulla padella, perché si dori anche dall’altro lato.
Altrimenti potete passare il recipiente sotto il grill del forno per completare la cottura

confronti e discussioni

venerdì 14 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 31 commenti


Che bella cosa è confrontarsi e discutere in maniera costruttiva quando il confronto e la discussione avvengono con persone intelligenti, vivaci e curiose.
Dalla condivisione di esperienze, dallo scambio di pareri si impara, si migliora e ci si arricchisce.
Come si dice dalle mie parti “nisciun nasce ‘mparato”.
Qualche giorno fa, ad esempio, ho imparato dalla mia amica Artemisia la differenza tra crema frangipane e crema d'amande. Entrambe sono a base di mandorle e burro, ma nella frangipane c'è anche una percentule di crema pasticcera che manca nella creme d'amande.
Io, devo ammetterlo, le avevo sempre confuse, come in questa crostata con le pesche.
Artemisia aveva realizzato una splendida tarte amandine ai mirtilli con la crema d'amande, io, invece ho fatto della tartellette con frangipane e mirtilli.

P.S. un saluto alle mie cavie di lunedì sera che, sono certa, mi staranno leggendo.



TARTELLETTE CREMA FRANGIPANE E MIRTILLI

per circa 10 tartellette dal diametro di 8 cm
Per la frolla
200 gr di farina
100 gr di burro
50 gr di zucchero al velo o zefiro
2 tuorli
Preparare la frolla come siete abituati a fare, io metto tutto nel Kenwood e con la foglia impasto tutto.Penso sia il modo migliore, si può utilizzare burro di frigo, non lo si maneggia, e si fa velocemente, il che non guasta.Foderare gli stampi per tartellette e metterli in freezer per qualche minuto.Ricoprirli di legumi per tenere la frolla bene in forma ed infornare a 180 gradi per circa 15 minuti

Per la crema frangipane
50 gr di burro
50 gr di farina di mandorle
50 gr di zucchero al velo
1 uovo
1 tuorlo
20 gr di zucchero semolato
20 gr di farina
180 ml latte fresco intero
Buccia di 1 limone

Preparare la crema d’amande: in un robot mescolare il burro morbido, la farina di mandorle, lo zucchero al velo e 1 uovo.
Tenere da parte.
Nel frattempo preparare la crema pasticcera: fare scaldare il latte con la buccia del limone. Mescolare il tuorlo con lo zucchero, aggiungere la farina e versare il latte a filo. Portare ad ebollizione e poi fare raffreddare.
Mescolare la crema d’amande e la crema pasticcera

Riempire le tartellette con un cucchiaio di crema frangipane e ricoprire con mirtilli freschi.
Infornare a 180 gradi per 10 minuti circa, se vi piace ricoprire di zucchero al velo una volta raffreddate

Le ali di un angelo

mercoledì 12 maggio 2010

Pubblicato da robertopotito 28 commenti

Realizzare questi buoni e gustosi paninetti é alquanto semplice... Tutto sta nel ricordarsi il procedimento.
Secoli fa, avevo adocchiato questa ricetta su di un sito americano di panificazione, l'avevo adattata come di solito, modificandola in parte e l'avevo postata sul forum di cucinait.
Come al mio solito, avevo smarrito molto presto la ricetta.
Il mio angelo custode l'ha ritrovata ed ora la propongo nuovamente, ripromettendomi di non smarrirla nuovamente.
La preparazione non è complessa ed il risultato é quasi sempre garantito.
Ci sono opinioni contrastanti riguardo alla provenienza dei fantans: c'è chi giura e spergiura che siano di origine americana ed altri asseriscono che siano francesi. Di qualsiasi nazionalità essi siano, vale la pena provarli; la doppia consistenza data dalla croccantezza delle ali e dalla panosità del corpo centrale é del tutto godibile e particolarmente piacevole.




FANTANS

INGREDIENTI
700 GR DI FARINA 0
250 ML DI LATTE TIEPIDO MESCOLATO AD UN CUCCHIAIO DI SUCCO DI LIMONE
100 GR DI BURRO
15 GR DI LIEVITO DI BIRRA FRESCO
2 CUCCHIAINI DI SALE FINO
MEZZO CUCCHIAINO DI BICARBONATO DI SODIO

ESECUZIONE

In una ciotola versate il latte mescolato al succo di limone.
Aggiungete il lievito e fate riposare per circa 30 minuti.
Fate fondere 60 gr di burro.Nel frattempo, setacciate in una ciotola la farina con il bicarbonato.
Fate la fontana e versatevi a filo il composto precedente fatto riposare per trenta minuti.
Impastate bene ed energicamente per circa 15 minuti e, solo quando l'impasto avrà raggiunto una discreta consistenza aggiungetevi il burro fuso assieme al sale.
Trasferite il tutto sulla spianatoia e formate una palla, che ungerete con un po' di burro e farete riposare per circa 30 minuti coperta da pellicola trasparente.
Al raddoppio del volume, sgonfiate l'impasto e fate rilievitare per ancora un quarto d'ora.
Rovesciate l'impasto sulla spianatoia ed appiattitelo con il mattarello fino ad ottenere una sfoglia spessa 3 mm.
Fate fondere il burro rimanente ed ungete delicatamente la sfoglia da entrambi i lati.
Ora, tagliate con un coltello affilato, prestando molta attenzione a non rompere la sfoglia, nel senso della lunghezza, 4 strisce larghe 7 cm.
Sovrapponetele l'una all'altra e dividetele in 8 porzioni.
Premete delicatamente una delle estremità ed aprite ciascun panetto a ventaglio, ponendolo subito nell'apposito stampino.
A questo punto, fate lievitare i ventaglini per altri 30 minuti al riparo da correnti d'aria.Preriscaldate molto, molto bene il forno a 220° e cuocete fino a quando i ventagli non avranno assunto una bella colorazione dorata.
Il tempo di cottura non dovrebbe essere superiore ai 15/20 minuti.


post autocelebrativo

lunedì 10 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 49 commenti

Stavolta, vi prego di consentirmelo, devo proprio dirmi “brava”.
Non lo faccio mai, non sono mai veramente soddisfatta di quello che faccio, ho sempre in mente come poter migliorare.
Stavolta, non so bene cosa sia accaduto, non cambierei neanche una virgola a questi ravioli.
Si tratta di un’evoluzione del raviolo caprese.
Il raviolo caprese altro non è che uno gnocco di farina ripieno di caciotta e maggiorana e condito con pomodoro e basilico. Una delle poche paste ripiene, se non l’unica, della cucina campana.
Degli gnocchi di farina vi avevo già parlato, si ottengono versando la farina in pari peso di acqua bollente, sono pratici e veloci.

P.S.
Mercoledì un nuovo pane di Roberto, non perdetelo




RAVIOLI CAPRESI DI ASPARAGI E PATATE

Per 4 persone

Per i ravioli
300 gr di acqua
300 gr di farina 00
1 cucchiaio di olio
1 patata lessa
5 o 6 asparagi lessati
1 cucchiaio di parmigiano
Sale
1 cucchiaio di tuorlo d’uovo

Per il condimento
3 cucchiai di stracciatella
5 o 6 asparagi lessati

Portate ad ebollizione l’acqua e salatela, spegnete sotto il fuoco e versate la farina.
Mescolate con l’aiuto di una cucchiarella di legno e poi con le mani (solo quando l’impasto si sarà raffreddato per evitare ustioni alle mani).
Lasciate riposare l’impasto coperto per una mezz’ora.

Nel frattempo preparate il ripieno: passate la patata allo schiacciapatate, aggiungete il parmigiano, il tuorlo e gli asparagi a pezzetti, regolate di sale e mescolate.

Stendete la pasta di acqua e farina con un mattarello, avendo cura di spolverare il piano di lavoro con della farina.
Con un coppapasta rotondo tagliare dei cerchi, riempitene la metà con un cucchiaino di ripieno, chiudeteli sovrapponendo i cerchi non farciti e sigillate bene il raviolo facendo aderire le 2 metà con un po’ di albume d’uovo.

Scaldate la stracciatella e aggiungete gli asparagi a pezzetti, date qualche giro di minipimer.

Lessate in abbondante acqua salata in ravioli, per cuocere ci impiegheranno pochi minuti, conditeli con la crema di stracciatella e asparagi e servite

anche i falafel hanno un'anima

venerdì 7 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 34 commenti


Ci sono dei giorni in cui fareste meglio a non alzarvi dal letto, giorni in cui l’unica attività consentita per legge dovrebbe essere vegetare a luce spenta, senza alcuna interazione con il mondo esterno, con cellulare e pc rigorosamente sigillati.
I segnali di questi giorni nefasti si intravedono già dalle prime luci dell’alba, quando la pioggia incessante ed incalzante sembra sbeffeggiarsi del vostro umore già nero, allora vi alzate dal letto per fare colazione e vi accorgete di aver dimenticato di comprare latte e biscotti, senza cui non siete in grado di cominciare la giornata degnamente, poi arrivano le prime inesorabili telefonate del mattino, quelle a cui, già sapete, fareste meglio a non rispondere, a metà mattinata vantate già un lungo elenco di persone con cui avete discusso e mandato a quel paese.
A questo punto, se foste delle persone intelligenti, capireste che non è aria e che l’unica cosa saggia da fare sarebbe prendere il primo volo disponibile per il posto più lontano e caldo.
Siccome non tutti sono furbi ed intelligenti, ci sono anche persone che, sfidando la sorte, decidono di mettersi ai fornelli.
Io sono tra queste.
Ho in mente da un po’ delle polpettine di ceci su una crema di baccalà.
Semplice, le polpettine devono essere una sorta di falafel non speziato, consulto i tomi di cui dispongo, faccio qualche ricerca su internet, e ritengo, in un rigurgito di delirio di onnipotenza, di poter trasformare il falafel a mia immagine e somiglianza
Lesso i ceci, li scolo, li frullo, lascio riposare il composto, formo le polpettine e decido di metterle in forno.
Ommamma, stupore, le polpette diventano delle schiacciatine meringose. Ebbene si, modestamente ritengo di essere l’inventrice delle meringhe di ceci: un troiaio clamoroso, credetemi.
Voi penserete che a questo punto io sia su un taxi diretta all’aeroporto, come farebbe qualunque persona sana di mente.
Invece no, sono ad impastare polpettine, perché, mi è chiaro l'errore, le polpettine devono essere fritte, i falafel sono fritti, mica al forno.
Metto a scaldare l’olio nel pentolino, immergo la mia polpettina e, meraviglia, cosa vedo, anzi cosa non vedo, la mia polpettina si dissolve come sabbia nel mare.
E allora?
Non paga lesso una patata e trasformo il finto falafel in una polpettina di patata e ceci.
Alla fine, dopo aver buttato via non so quanti ceci di Cicerale, dopo aver sprecato non so quanto olio extravergine d'oliva pugliese, abbandono una cucina che in confronto Roma dopo il sacco dei Lanzichenecchi era pulita e ordinata, me ne vado a letto e chiudo qui la mia felice giornata.
Aggiornamento: eccerto che le polpettine senza patate mi venivano una ciofeca.
Io, i ceci li tritavo da cotti, nei falafel i ceci si tritano ammollati, ma crudi.
E' ufficiale: sono una capra!!!

POLPETTINE DI CECI E PATATE SU CREMA BI BACCALA’
Per 4 persone

Per le polpettine
1 patata media di circa gr 200
Ceci lessati (io ho usato i ceci di Cicerale)
1 tuorlo d’uovo
1 cucchiaio di pangrattato circa
Sale
Sesamo
Olio per friggere, io uso l'extra vergine d’oliva

Per la crema di baccalà
100 gr di baccalà già dissalato e ammollato
Latte

Per le polpettine
Lessate la patata, ancora calda passatela allo schiacciapatate, frullate i ceci, calcolandone lo stesso quantitativo in volume delle patate.
Mescolate le 2 puree, salate, e aggiungete il tuorlo e il pangrattato. Con il pangrattato sappiatevi regolare in modo che il composto abbia una consistenza non troppo dura.
Formate delle palline, passatele in semi di sesamo e friggetele in olio extravergine d’oliva.

Per la crema di baccalà
Lessare il baccalà in 2 dita di latte intero e cuocetelo per una ventina di minuti.
Frullate il baccalà con parte del latte in modo da ottenere una crema.

Servire le polpettine tiepide sulla crema di baccalà calda

post campanalista, anzi no, napoletanista

mercoledì 5 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 20 commenti


Il fatto che io viva a Milano decisamente non mi fa dimenticare di essere napoletana e non mi impedisce di tornare a Napoli ogni volta ci sia un evento interessante.
Dal 12 al 15 maggio a Napoli, per l’appunto, si terrà una manifestazione che, evvivaddio, restituisce un po’ di smalto e di vita alla mia città.
Wine and the city nasce tre anni fa come fuori salone del Vitigno Italia, salone del vino che si tiene, invece, a Castel dell’Ovo dal 16 al 18 maggio.
Durante i 4 giorni di Wine and the City la città sarà palcoscenico di manifestazioni ed eventi che vedranno come protagonista il vino in abbinamento all’arte, alla moda, al cibo, alla musica, e non solo.
Ristoranti, gallerie d’arte, spa, boutique, gioiellerie grandi alberghi e atelier saranno sede di incontri, di degustazioni e di appuntamenti la cui filosofia è far entrare il vino e tutto il suo mondo in luoghi non canonici.
Questo è il motivo per cui anche un’astemia cronica come me è attratta da un simile evento.

Dal comunicato stampa:
Ecco tutte le novità di questa edizione:

- NUOVI PARTECIPANTI
Nel 2009 il circuito comprendeva 52 indirizzi, quest’anno Wine&thecity unisce 81 tra negozi ed altre location. L’espansione più significativa si registra a Chiaia, il salotto dello shopping partenopeo. Piazza dei Martiri è il cuore di Wine&theCity a Chiaia che si estende in via Calabritto, via Morelli e via Filangieri disegnando un’unica mappa. Altra significativa concentrazione è quella tra via San Pasquale a Chiaia e via Vittoria Colonna con tante new entry.

- IL VOMERO
Per la prima volta il Vomero aderisce al circuito con 14 negozi e altrettanti appuntamenti tra shopping e moda tra via Scarlatti, via Merliani e via Luca Giordano.


- I GRANDI HOTEL DEL VINO
Per la prima volta Wine&theCity coinvolge anche 5 grandi alberghi della città che per l’occasione ospitano aperitivi, cene a tema, happening e degustazioni guidate. Il Grand Hotel Parker’s ha organizzato nei propri saloni il 12 e 13 maggio un originale bazar d’autore con pezzi in vendita e la degustazione dei vini di Villa Matilde. Il Renaissance Hotel Mediterraneo partecipa con una mostra fotografica inedita e la degustazione dei vini dei Feudi di San Gregorio (il 13 maggio). Il Romeo Hotel propone (il 12 maggio) la degustazione Sushi&Pallagrello (il 12 maggio) ovvero la cucina japan di ZeRomeo e i vini campani dell’azienda Terre del Principe raccontati da Manuela Piancastelli. L’Hotel Santa Lucia invita a scoprire il proprio raffinato Bar Pavone con la mostra dell'artista Francesco Manes e la degustazione dei vini Di Criscio. Il San Francesco al Monte Convento presenta Una cena da Bio: menù a base di prodotti Bio del Progetto Aires e vini bio della Masseria Venditti (il 12 maggio).

- I WINE PARTY
Tre grandi wine-party arricchiscono questa terza edizione di Wine&thecity: il 13 maggio aprirà le porte il giardino di via Schipa di Esterni di Galleria Elena, il 14 maggio sarà la volta di Palazzo San Teodoro con la serata Bacco, tabacco e Venere con la partecipazione delle Donne del Vino della Campania. Sabato 15 maggio gran finale a Città del Gusto che ospita il Finissage di Wine&theCity con una serata sulla terrazza a mare con la partecipazione dei Dj di Radio Capri, tanto vino e i finger food degli chef del Gambero Rosso. Tutti i wine party sono su invito.

- WINE&THECITY SU FACEBOOK
Quest’anno il tam tam di Wine&thecity corre anche su FB. Abbiamo una pagina dedicata con tanti “amici”, foto e aggiornamenti continui.

INFO
Wine&TheCity
www.wineandthecity.it
ufficio stampa > dipunto studio
081 681505

N.B.

Per i bloggers che scrivono di enogastronoma c'è la possibilità di accreditarsi al Vitignoitalia nella sezione stampa del sito ufficiale della manifestazione

una creme brulèe d'autore

lunedì 3 maggio 2010

Pubblicato da Lydia 33 commenti


Dopo la memorabile esperienza all’Osteria Francescana mi sono dedicata allo “studio” della cucina di Massimo Bottura.
Ovviamente ho cominciato dalle cose più semplici: dopo il risotto in casseruola, la creme brulèe al parmigiano, ma mi sto attrezzando per i piatti un po’ più complessi. Spero solo che il buon Bottura non voglia citarmi in giudizio per lesione della sua immagine!!!!
Questa versione della creme brulèe è quella contenuta in “Pro, tradizione & innovazione” di Ciccio Sultano e Massimo Bottura, edito da bibliotheca culinaria.
Un libro interessante ed originale che vi consiglio vivamente, diviso in 2 parti (nel senso che potete proprio aprirlo da entrambi i lati), una con ricette più tradizionali ed una con ricette di innovazione, ma questo potete intuirlo dal titolo anche se non siete dei grandi osservatori.
Sfogliandolo mi è capitato in più di un’occasione di leggere una ricetta, di ritenere che facesse parte della sezione dedicata alla tradizione e di accorgermi di essere, invece, nella sezione sull’innovazione. Segno che entrambi gli chef sono talmente legati al loro territorio e alla loro cultura da non poterlo dimenticare mai.
Una curiosità: nella sezione tradizionale accanto ad ogni ricetta c’è il classico consiglio sul vino da abbinare, nella parte di innovazione, invece, c’è il suggerimento sulla musica da ascoltare.



CREME BRULEE’ AL PARMIGIANO di Massimo Bottura

200 gr parmigiano reggiano grattugiato
5 dl di panna fresca
5 dl di latte
6 chiodi di garofano
1 pezzo di radice di liquirizia (10 cm)
1 baccello di vaniglia
5 tuorli
7 cucchiai di zucchero
50 gr di zucchero di canna Mascobado
20 gr di aceto balsamico tradizionale di Modena
Sale

Versare il latte e la panna nella pentola, unire il parmigiano e portare a leggera ebollizione. Sobollire per alcuni istanti, unire le spezie e lasciare in infusione per 8 ore.
Trascorso questo tempo, filtrare e riscaldare il composto aromatizzato. Nel frattempo montare i tuorli con lo zucchero semolato e un pizzico di sale. Incorporare lentamente ai tuorli il composto aromatizzato a base di latte e panna, versare nella pentola e fare addensare a fiamma bassissima mescolando continuamente.
La crema sarà pronta quando velerà il cucchiaio. Per evitare che i tuorli cuociano e conseguentemente si formino grumi, il composto non deve superare gli 85°C.
Versare la crema preparata in uno stampo rettangolare rivestito da carta forno di dimensioni tali da ottenere uno spessore di circa 2 cm. Cuocere a bagnomaria in forno preriscaldato a 120° C per 30-40 minuti. Lasciare raffreddare e tagliare a cubi.
Mescolare lo zucchero Mascobado con l’aceto balsamico, stenderlo su un lato di ogni cubo e fare caramellare con l’apposita paletta rovente o con un piccolo cannello da saldatore. In alternativa cuocere la creme brulèe in piccoli stampi individuali in ceramica o porcellana da forno e servirla all’interno degli stessi dopo aver caramellato la superficie.

Servire i cubi di creme brulèe su cucchiai

Mie osservazioni:
Ho realizzato sia la versione in cubetti sia quella in stampo individuale, il cubetto, senza dubbio è da preferire.
Ho messo la creme brulèe nel congelatore per una mezz'oretta per facilitare il taglio in cubetti.